Intervista a Ferdinando Ceccato, Responsabile del Gruppo AbilNova
Di cosa si occupa la vostra cooperativa?
La nostra è una cooperativa sociale che quest’anno festeggia quindici anni di attività. Ci occupiamo di tutte le disabilità sensoriali e operiamo sul territorio della provincia di Trento ma anche oltre. A livello scolastico offriamo supporto a persone cieche, ipovedenti, sorde e ipoacusiche, mentre, a livello sanitario ci occupiamo solo ed esclusivamente delle disabilità visive. Per quanto concerne i servizi di trasporto, questi sono messi a disposizione per qualsiasi soggetto affetto da disabilità, ma privatamente anche per chiunque ne abbia bisogno. Per la sensibilizzazione della popolazione, invece, ci concentriamo prevalentemente sull’area vista. Lavoriamo in convenzione con l’azienda sanitaria della nostra provincia risultando come centro di riferimento provinciale per quanto riguarda la riabilitazione visiva e non visiva, visto che proponiamo anche delle attività per ciechi e ipovedenti di sviluppo dell’autonomia personale e domestica, percorsi di orientamento e mobilità, ecc.
Quali sono i servizi principali offerti alle persone con disabilità visiva?
Prestiamo assistenza scolastica a bambini dai 3 anni, quindi dal primo anno di scuola dell’infanzia, fino al quinto anno delle scuole superiori. Ad oggi seguiamo 137 studenti in tutta la provincia. Aiutiamo i nostri studenti e studentesse con un facilitatore della comunicazione e dell’integrazione scolastica, una figura che esiste solo in Trentino e che viene regolata dalla legge 104. Parliamo di un esperto specializzato e formato dalla nostra equipe. Il supporto avviene in classe e l’aiuto è applicato su diversi aspetti della vita dell’alunno: aiutiamo i ragazzi a prendere appunti, seguire le lezioni, a preparare progetti scolastici o a sviluppare strategie per l’autonomia. A noi ciò che interessa tantissimo è proprio che i nostri assistiti siano autonomi. Inoltre, ogni settimana gli operatori devono compilare dei diari che supervisioniamo e controlliamo, come equipe partecipiamo alle riunioni scuola-famiglia e ai consigli di classe. Gli studenti sono seguiti anche da un punto di vista sanitario, con gli ortottisti e gli oculisti e con gli esperti di ausili di supporto, che vengono personalizzati per ogni individuo.
Lei ha parlato di corsi riabilitativi per l’autonomia personale e domestica. Come vengono organizzati?
C’è un’iniziale valutazione da parte dell’equipe, quindi da parte di oculista, ortottista e psicologa. Da questa prima analisi vengono prese in esame le esigenze del singolo, il livello di competenza e di motivazione, perché noi tendiamo a non imporre nulla se non è condiviso e accettato dall’utente. Insieme alla persona, infatti, si sceglie cosa è meglio per il raggiungimento dell’autonomia desiderata. Per l’ambito orientamento e mobilità, si parte inizialmente con degli incontri presso la sede della cooperativa e poi si prosegue negli ambienti domestici e vicini alla persona. Sul campo si impara molto di più. Si ritorna ad essere autonomi, a fare le cose semplici della vita ma che valgono tanto e contribuiscono ad aumentare autostima, benessere e qualità della vita.
Da ABC IRIFOR ad Abilnova: il cambio del nome ha visto anche un reset organizzativo?
Abbiamo cambiato il nome perché volevamo che rappresentasse il nostro operato, che unisce l’abilità – considerando ciò che c’è e non quel che manca – e l’innovazione – con la necessità di pensare cose nuove, usare tecnologie, trovare strategie, ecc. Puntiamo molto sull’autonomia e sulla capacità delle persone e lo facciamo attraverso tutto ciò che possiamo avere a disposizione.
Sui vostri canali social sponsorizzate delle “Cene al buio”. Di cosa si tratta?
Abbiamo cominciato a fare le cene al buio nel novembre del 2004, sono quasi vent’anni che ci impegniamo in questo progetto. Circa 200.000 persone sono state nostre ospiti, la maggior parte proveniente dal territorio provinciale, e l’affluenza continua ad essere ancora notevole per fortuna, segnale, questo, che le attività di sensibilizzazione sono importanti. Si tratta di cenare completamente al buio serviti da camerieri ciechi e ipovedenti. Il nostro progetto ha due scopi: far comprendere, anche se per un breve periodo di tempo, cosa significa non vedere, e far sperimentare un nuovo approccio al cibo, utilizzando gli altri sensi oltre la vista.
Siamo abituati a mangiare con gli occhi, vediamo i cibi e sappiamo già che sapore hanno e da come sono impiattati decidiamo se siano o meno buoni. Al buio sono il gusto e l’olfatto che fanno da padrone, i due sensi che dovrebbero dominare nel momento in cui mangiamo. Inoltre, i camerieri sono a disposizione per raccontarsi e raccontare il loro percorso, presentando della disabilità non solo le criticità ma anche le risorse e dimostrando che anche con un senso in meno si può vivere una vita piena e soddisfacente.
Che commenti avete ricevuto dai vostri commensali?
I feedback ricevuti negli anni sono davvero tanti. Tutti sono molto soddisfatti del servizio e della cucina, ma soprattutto le persone sono entusiaste di confrontarsi con una realtà lontana dalla propria, di entrare in contatto con l’altro che vive in modo diverso. La cecità e l’ipovisione sono delle disabilità molto invalidanti, ma se affrontate nel modo giusto rendono possibile il proseguimento di una vita autonoma. I ciechi non sono solo persone che hanno bisogno di altri per vivere ma possono dare e insegnare molto anche ai vedenti.